Qualche volta avevo fatto la strada da
solo e, non so perché, sceglievo sempre di passare per le viuzze nel centro di
Betlemme. Le trovavo belle, stavo lontano dal caos e dalla gente, nei vicoli
incontravo e vedevo cose diverse, anche la spazzatura alla porta di qualche
casa mi dava da pensare, come le voci che provenivano dalle abitazioni:
m’incuriosivano e mi davano una certa serenità.
Mi rendevano allegro come chi ha
imparato qualcosa più degli altri che passavano tra il caos quotidiano, che non
aggiungeva niente alla tua preparazione e conoscenza: Nella via principale la
vita mi sembrava sin troppo monotona.
È proprio in una di queste viuzze che la
vidi per la prima volta, io avevo otto o nove anni, e lei non meno di
settantacinque, o chissà, forse persino ottanta. Abitava in un piccolo cortile
in comune con altre famiglie, la sua dimora, da quanto potei notare, era
formata da una sola cameretta e lei era sempre seduta all'araba, ossia con le
gambe incrociate. Indossava un costume in velluto, mi sembrava nero, ricamato a
mano con qualche piccolo e povero disegno, in modo particolare sul petto. Il
resto era difficile da vedere, del resto, non l’ho mai vista in piedi.
Lei stava lì, sulla soglia della sua
dimora, aveva un pettine fitto e robusto col quale si pettinava, sembrava una
regina nel suo palazzo fuori dal mondo o al di sopra di esso. I suoi capelli
erano neri come il carbone e lucidi nonostante l'età, probabilmente usava
qualche lozione magica o semplicemente limone, o forse dell'olio d’oliva.
Questi bellissimi capelli erano lunghi e le cadevano nel grembo come onde del
mare, una cascata nera d’acqua resa fresca e frizzante dalla lozione e dai
primi raggi di sole.
Io restavo
dall’altro lato della sponda del vicolo a guardare, ero incantato, quasi
stregato, avvertivo che entrambi avevamo qualcosa in comune, forse la
solitudine che sentivo in quella via, nonostante le voci che arrivavano dalle
altre case... o forse per la tristezza e la gioia della sua indifferenza al
mondo circostante?
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