Continuai a vedere Adnan a scuola, ed a divertirmi con lui.
Qualche volta sono tornato a trovare la nonna, per sentire il profumo del suo
pompelmo. Da lei ho imparato qualcosa sulla poesia: Samih Al Qassim, Taufiq
Ziad… gli ultimi due erano i suoi preferiti. Grazie a lei conobbi la musica ed
folk palestinese. Era una maestra completa, quando la sentivo raccontare,
sentivo il suo orgoglio e la sua dignità, il suo orgoglio come il suo dolore. Anch’io
ero fiero ed orgoglioso, anche se non avevo perso la casa, il mio albero di
limoni… ed il pompelmo.
Finché un giorno non vidi Adnan. Per cinque giorni non si
presentò a scuola, e quando rientrò lo trovai distratto, triste, preoccupato…
Lo spaventava anche il minimo rumore, non partecipava e non contestava gli
insegnanti, era assente. Durante la ricreazione mi avvicinai a lui e gli
chiesi: “Cosa c'è Adnan? Cosa ti è successo? Hai qualche problema? Stai bene?”
“Adesso sì”, rimase un attimo in silenzio e fece un grande
sospiro, “sai… hanno arrestato la nonna… l’hanno accusata di essere il capo di
una cellula dei fedayn! Mia nonna un
capo militare? Un fedayn? Ad ogni
modo adesso, grazie anche alla Croce Rossa, l’hanno rilasciata ieri, dicendo
che l’avevano arrestata per errore!” Resto per qualche secondo in silenzio, poi
Adnan ricominciò a parlare.
“Durante una delle loro solite retate nel campo, alle tre del
mattino, hanno rotto la porta di casa, non solo la nostra, ma anche di molti
altri abitanti del campo. Hanno trascinato via dei ragazzi, gli uomini e mia
nonna, tutti con gli occhi bendati, sotto le minacce dei loro fucili... le
donne strillavano cercando d’impedire l'arresto dei ragazzi, i bimbi piangevano
terrorizzati mentre gli anziani, rassegnati, cercavano di calmare la gente e
quei maledetti assassini pronti ad uccidere.”
“Come sta adesso la nonna?”
“Bene, lo sai che lei è un osso duro. Ma ti rendi conto? Queste
bestie hanno trascinato mia nonna in carcere! Lei che a malapena riesce a
muoversi… lei sarebbe un pericolo per la sicurezza d’Israele? Un fedayn?”
Ero immerso nei miei pensieri, e ripensai alla frase di mia
madre: “E’ solo questione di tempo.” Tuttavia morivo anche dal desiderio di
vedere la nonna, di dirle quanto ero dispiaciuto. Ero anche curioso di sentire
la sua storia, il racconto della sua prigionia, e se il carcere come dicono gli
uomini, i fedayn, fosse da
desiderare… i palestinesi erano soliti dire: “Non temete il carcere, anzi
desideratelo!”
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